venerdì 3 febbraio 2012

1.1. Il covo dei pochi

– Invidio gli antichi Egizi: quando il faraone moriva veniva seppellito con tutti i suoi tirapiedi.
  La guida prudente consente all'autista di dare voce ai suoi pensieri. Con una battuta delle sue, che spezza la monotonia del viaggio.
  – Già – concorda il passeggero alla sua destra.
  – Ma erano altri tempi – commenta il secondo passeggero, seduto dietro – nessuno, oggi, accetterebbe una soluzione tanto drastica.
  – Soluzione drastica ma efficace. Cade il governo? Devono andare a casa tutti, anche i discepoli. Si cambia aria! Perchè restano tutti incollati alle poltrone a spartirsi la carcassa? – continua a meditare l'autista.
  Attimi di silenzio.
  La Campagnola arranca in salita, sobbalzando sul sentiero dissestato. Un lastrone di ghiaccio la costringe a rallentare fino a fermarsi, per poi ingranare la prima e proseguire.
  – Però conta che morto il faraone, succedeva al trono suo figlio.
  – Questo è un male intramontabile.
  – Conta che, probabilmente, i dignitari di corte si immolavano volentieri: reputavano il faraone un dio incarnato. Lo avrebbero seguito ovunque, anche oltre i cancelli dell'eternità.
  – Allora considera la mia battuta una... metafora. Meglio, un'ispirazione. Non abbiamo il faraone, ma abbiamo un ideale comune. Una Patria che ha bisogno di gente disposta a sporcarsi le mani, a mettersi in gioco, a crepare anche.
  – Stai parlando di noi, vero? – interviene l'altro passeggero.
  – In un certo senso.

***


  Profumo nell'aria, di scorze d'arancia.
  Seccano sulla piastra rovente della stufa, dentro uno di quei casolari mezzi abusivi, che noti passeggiando sulle strade di campagna. Quegli angoli remoti dove puoi passare un'intera giornata senza clacson o cellulari che suonano. Covo di cacciatori mattinieri, casa di villeggiatura per la famiglia alla domenica.
  Arredo spartano: un tavolo malmesso, quattro sedie assortite, una vecchia stufa con un camino articolato che raggiunge il tetto. Fuori c'è un orto trascurato e la legna secca accatastata sotto una lamiera. Un muretto secolare e una fila di alberi contorti che delimitano la proprietà. Pare un acquerello.
  C'erano anche degli attrezzi da campagna e dei giornali, ma qualcuno li ha portati via. I vetri della finestra sono infranti, la serratura della porta forzata. Ci starebbe a pennello un cane da guardia, visto che certa gente si ferma solo davanti a una recinzione alta tre metri con il filo spinato in cima. Però, il cane, bisogna mantenerlo, portargli da mangiare. Rimarrebbe solo la maggior parte del tempo e piangerebbe come un disperato. Non vale la pena.
  I presenti restano seduti vicini alla stufa, dentro la sua aurea di calore. Non cercano altre comodità.
  – Hai mai pensato di sistemare questa catapecchia? Sta cadendo a pezzi.
  – Sì, forse sarebbe il caso – annuisce il proprietario.
  Forse quel covo semiabbandonato passerà alla storia.

Golpe 2014     1

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